09-01-2017

Auto-esclusione dai siti di gioco. Uno strumento di ricerca?

Auto-esclusione dai siti di gioco. Uno strumento di ricerca? Un paper di recente pubblicato dalla rivista Addiction Medicine & Therapy esamina criticamente un approccio di ricerca in uso che considera l’auto-esclusione volontaria dei giocatori dai siti di gioco come un indicatore valido di gioco problematico e patologico. In effetti, diversi studi, valutando i profili comportamentali dei soggetti che si sono auto-esclusi dai siti di gioco, tentano di identificare i fattori di rischio più rilevanti a fini predittivi e preventivi. Un approccio che Mark Griffiths e Michael Auer (Nottingham Trent University) si impegnano a confutare, giudicandolo inefficace nello sviluppo di misure di riduzione del danno e indicando invece come strumenti privilegiati di prevenzione i feedback personalizzati (messaggi pop-up) durante le sessioni di gioco.
Nel loro articolo, Griffiths e Auer affermano che non vi sia una provata relazione diretta tra la decisione di auto-escludersi e il fatto di avere un problema psicologico legato all’azzardo, ricordando che molti gambler scelgono di abbandonare un sito in polemica con il provider (per poi spesso rivolgersi a un altro operatore del settore) e non in quanto dipendenti. Inoltre, notano gli autori,  i giocatori problematici che si auto-escludono dalle piattaforme online sono soprattutto i più consapevoli della propria  condizione critica, e dunque non risultano certo rappresentativi della totalità della popolazione dei giocatori problematici.
Se è dimostrato che le informazioni fornite in tempo reale agli individui incoraggiano la riflessività, l’auto-monitoraggio e favoriscono cambiamenti comportamentali virtuosi  (Hardeman et al., 2002), è altrettanto vero che il gioco problematico non è un fenomeno omogeneo e non vi è una singola tipologia di giocatore. Ciò significa che i provider di siti di gioco online, se interessati a contenere le derive patologiche di alcuni utenti, dovrebbero valutare accorgimenti per personalizzare la comunicazione e offrire a ciascun giocatore una assistenza quanto più possibile mirata e basata sulla storia di gioco del soggetto.
Sotto questo profilo, diverse ricerche hanno mostrato che feedback dinamici nella forma di messaggi pop-up,  ponendo al centro e tentando di responsabilizzare il giocatore, hanno un effetto virtuoso sul comportamento di gioco e sui pensieri collegati, riducendo tempo e denaro spesi. In particolare, è stato osservato che messaggi pop-up normativi e auto-valutativi - come quelli che ad esempio invitano l’utente a riflettere sul fatto di aver superato il migliaio di giocate in un lasso di tempo limitato - inducono un numero significativamente alto di giocatori a interrompere  la sessione in cui sono impegnati.
Una conclusione che sembra corroborata da ricerche condotte in altri ambiti e che evidenziano come i feedback personalizzati siano incisivi non solo nella modifica di comportamenti disfunzionali, quali il tabagismo, ma anche nella gestione di malattie croniche, quali il diabete, e nella calibrazione di attività volte al miglioramento del benessere e della salute, quali il fitness e l’attività fisica in genere.  
 
Fonte: Griffiths M.D. e Auer M. (2016), “Should Voluntary “Self-Exclusion” by Gamblers be used as a Proxy Measure for Problem Gambling?”, Addiction Medicine & Therapy, vol. 2, n. 2.