03-02-2017

Cannabis a fini terapeutici e ricreativi: lo stato dell'arte

Cannabis a fini terapeutici e ricreativi: lo stato dell'arte Il consiglio dei ministri del 2 febbraio ha deliberato la rinuncia all’impugnativa per la legge della Regione Campania n. 27 dell’8 agosto 2016, che riguarda le “Disposizioni organizzative per l’erogazione dei farmaci e dei preparati galenici a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche nell’ambito del servizio sanitario regionale e promozione della ricerca e di azioni sperimentali prodromiche alla produzione da parte di soggetti autorizzati”. Rinunciando all’impugnazione, commenta Lucilla Vazza di Sanità24, il governo ha di fatto ammesso l’autonomia regionale in questo ambito.
Dal 2013, in Italia è possibile prescrivere cannabis terapeutica - sempre a pagamento - in tutte le regioni. La prescrizione a carico del Servizio sanitario nazionale, unicamente per uso terapeutico, è praticabile solo in Toscana, Puglia, Liguria, Campania e in Veneto, ma con limitazioni ulteriori rispetto alle regole nazionali. La prescrizione di cannabis a uso medico in Italia riguarda, tra gli altri: il dolore cronico e quello associato a sclerosi multipla e a lesioni del midollo spinale; la nausea e il vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per Hiv; la stimolazione dell’appetito nella cachessia, anoressia o in pazienti oncologici o affetti da Aids e nell’anoressia nervosa; l’effetto ipotensivo nel glaucoma; la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella Sindrome di Tourette. Le prescrizioni si effettuano quando le terapie convenzionali o standard sono inefficaci.
A proposito dell’impiego della cannabis a fini terapeutici, il presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), Mario Melazzini, in audizione alla Camera lo scorso luglio, ricordando la storia millenaria dell’uso medico della cannabis e dei suoi componenti (“ormai completamente o quasi completamente legale in alcuni Paesi europei, tra cui appunto l’Italia”), ribadiva l’insufficienza di dati sulla sua sicurezza e di informazioni specifiche sulle reazioni avverse. Spostando il fuoco sul tema ‘caldo’ della legalizzazione, Melazzini concludeva: “Conosciamo però gli effetti collaterali più comuni associati all’uso ricreativo della cannabis e a un suo sovraddosaggio, che in alcuni casi comportano conseguenze serie, dalla psicosi a stati depressivi (…) in assenza di titolazioni precise dei principi psicoattivi una liberalizzazione potrebbe esporre la popolazione a rischi non valutabili e non tracciabili”. Sempre nel mese di luglio, è stata tuttavia presentata in parlamento una proposta di legge intesa a consentire, a determinate condizioni: la coltivazione della cannabis in forma individuale o associata; la liceità della detenzione di cannabis entro determinate quantità; il monopolio di Stato, con vendita al dettaglio della cannabis e dei prodotti derivati; la differenziazione di pena in relazione alla tipologia delle sostanze (droghe pesanti, droghe leggere). Secondo Roberto Giachetti, primo firmatario della proposta di legge, “in un Paese tradizionalmente proibizionista come gli Stati Uniti, la decisione di legalizzare produzione e vendita ha determinato risultati positivi, sia sul piano sociale e sanitario, con il controllo della qualità delle sostanze vendute, sia sul fronte del contrasto delle organizzazioni criminali”. Ad ogni modo, anche in seguito alla crisi governativa del dicembre scorso, il provvedimento è attualmente fermo in parlamento.

Fonte: http://www.sanita24.ilsole24ore.com/